A cura di Giovanni Simeone
Il 13 maggio 1993 innanzi al dott. Sergio Parisio notaio in Bologna i seguenti signori: Consalvi Antonio (ingegnere), Cosentino Adriano (impiegato), Di Marzio Antonio (libero professionista), D’Onofrio Serafino (impiegato), Maccauro Giuseppe (Pensionato) tutti nati a Napoli e residenti a Bologna, hanno
fondato l’Associazione culturale denominata Reginella dal titolo di una delle più note canzoni napoletane d’epoca.
Questi stessi soci fondatori, con altri due iscritti, costituirono il primo Consiglio Direttivo di Reginella nominando al suo interno il Presidente (Antonio Di Marzio), il Vice Presidente (Serafino D’Onofrio), il segretario (Giuseppe Maccauro), il Tesoriere (Adriano Cosentino), i consiglieri (Fausto De Simone e Gustavo Rinaldi).
L’Associazione non ha finalità lucrativa e, come disposto dall’art.2 dello Statuto, ha lo scopo di diffondere ed approfondire la conoscenza della storia, della cultura, degli usi, dei costumi e dell’arte nazionali e non con particolare riferimento a quelli di Napoli e della Campania.
Ai Consigli direttivi che in questi anni si sono succeduti va riconosciuto il merito di aver realizzato, con il sostanziale supporto della Fondazione del Monte, spettacoli culturali e musicali rappresentati in importanti strutture cittadine e offerte gratuitamente alla cittadinanza bolognese.
Numerose sono state le visite a musei e mostre nelle diverse città d’arte organizzate spesso su proposte degli stessi iscritti; non sono mancate conferenze tenute da importanti personaggi: letterati, medici, teologi, storici, fiscalisti e musicologi.
Ci preme precisare che la nostra Associazione è apolitica, apartitica, aconfessionale e respinge ogni discriminazione sociale e di genere. Copia dello Statuto potrà essere fornita a chiunque dovesse farne richiesta.
Care Socie e cari Soci, care Amiche e cari Amici di Reginella
è settembre ma per noi tutti l’autunno significa foglie d’oro che colorano l’aria mentre le nostre belle attività
culturali e i nostri incontri conviviali ci regalano ore di calda familiarità.
Dopo la pausa estiva rientriamo con rinnovato entusiasmo e con occasioni che ci vedono partecipi ad eventi importanti
sul territorio e ad altri che ci tengono vivi nel cuore i colori, i suoni, le ricchezze della Campania e di Napoli.
Intanto continuiamo a essere in rete con molte Associazioni che davvero si impegnano per la cultura.
Ecco qualche informazione ( i dettagli con data ed orario sono riportati di seguito ).
-Come sapete si svolge a Bologna una manifestazione molto importante: la Festa internazionale della Storia.
A questa iniziativa, giunta alla XIII edizione, sono stati conferiti i Patrocini delle più alte autorità dello Stato (Alto Patronato del Presidente della Repubblica,Archivio di Stato di Bologna, Assemblea Legislativa - Regione Emilia Romagna, Centro Internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio – DiPaSt, Città metropolitana di Bologna, Comune di Bologna, Curia Arcivescovile di Bologna, Dipartimento di Scienze dell'Educazione "Giovanni Maria Bertin",
Laboratorio Multidisciplinare di Ricerca Storica, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna,
Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione, Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna, Unesco Sezione Bologna, Università di Bologna).
Noi di Reginella partecipiamo con tre eventi, due a settembre che rientrano nel tema della Misericordia e uno in data 16 ottobre che si inserisce tra le manifestazioni per i 400 anni dalla morte di Shakespeare: la splendida riscrittura de “La Tempesta” in napoletano seicentesco del grande Eduardo de Filippo.
-Sempre nell’ambito culturale ma con un occhio alla natura, all’ambiente e all’energia, il giorno 1 ottobre c’è un evento che riprende la mitologia e le metamorfosi di Ovidio; tale evento si inserisce nel progetto del Comune di Bologna “Accensione Civica”, progetto volto a far conoscere la scelta dell’illuminazione a led che, facendo risparmiare energia, permette di illuminare meglio le strade e i parchi di Bologna
-Da questo IV trimestre desideriamo dare il via ad una Rassegna culturale che vedrà la Campania e Napoli protagoniste indiscusse. Il titolo della Rassegna è “Incontriamoci al Maschio Angioino” (La musica, la storia, l’arte, la letteratura, la scienza, la tradizione, la tavola: è lo scrigno di Partenope). La Rassegna sarà inaugurata il giorno 11 novembre dal maestro Gianfranco Tarsitano con un bellissimo concerto a cui seguirà una cena.
-Anche quest’anno saremo presenti il 25 novembre ( Giornata internazionale contro la violenza alle donne e alle bambine) presso l’Auditorium Bacchelli con altre associazioni per ricordare le sorelle Mirabal ( le sorelle che, insieme con i propri mariti e tanti altri, posero fine alla feroce dittatura nella Repubblica dominicana e che pagarono con la vita proprio il 25 novembre 1960). Come sempre sarà un’occasione importante per infondere coraggio grazie alla cultura, alla musica, alle arti in cui la donna vive nelle sue peculiarità. Ci sarà un concerto del soprano Silvia Salfi accompagnata da Silvia Orlandi ( artiste a noi ben note per la passione e la competenza). La scenografia sarà davvero particolare perché la pittrice, Maria Santamaria, è una giovane e valente napoletana D.O.C.
-A dicembre ci sarà il tradizionale pranzo dell’Avvento che, così come gli scorsi anni, ci permetterà di respirare un po’ d’aria di casa e di amicizia.
Alcuni di noi vorrebbero trascorrere il Capodanno insieme: ci stiamo muovendo a questo proposito in più direzioni ma attendiamo suggerimenti e idee per far sì che ci si ritrovi come in una grande casa tutta nostra.
Come si vede ce n’è per tutti i gusti ma….. a proposito di gusto… ecco una bella novità: abbiamo ottenuto sconti presso alcuni ristoranti che abbiamo potuto apprezzare:
Ristorante Pizzeria Il Desiderio (Via Marco Emilio Lepido, 193, Bologna; tel. 051 641 4207; bus 13)Sconto del 10%
Ristorante Antica Trattoria del Cacciatore (Via Caduti di Casteldebole, 25, Bologna; tel. 051 564203; bus 19)Sconto del 15%.
Ovviamente lo sconto è valido solo per noi Socie e Soci e viene praticato presentando la tessera personale del 2016.
In attesa di rivederci prestissimo vi salutiamo con grande cordialità.
Il Consiglio Direttivo
Questa rubrica accogliera' ricette e suggerimenti della tradizione culinaria napoletana e non solo.
Qui troverete il sorriso, l'amore e i sentimenti che la bella sirena suggerira'.
In questa rubrica raccoglieremo i contributi relativi alla storia di Napoli e di Bologna cosi' come troveranno spazio racconti di vita vissuta.
In questa rubrica ricorderemo artisti di Napoli e non solo che hanno fatto dell'arte la propria vita, con il coraggio di mettersi sempre in gioco creando nuove forme espressive, con la misteriosa leggerezza della vera professionalità, con la concretezza di chi sa vedere fino in fondo nell'uomo e nella sua vita di ogni giorno.
Indirizzo:
Associazione Culturale Reginella
via della Pietra, 24
40132, Bologna
Adele Antonelli (Presidente)
Giovanni D'Amore (Vice Presidente)
Umberto Leonardi
Ornella Elefante
Gianni Tartari
di Giovanni D'Amore
Il 1° marzo 2012 morì un grande ARTISTA BOLOGNESE : LUCIO DALLA.
Sono trascorsi 3 anni e sembrano tre secoli. Mi manca tanto. La sua voce mi ha incantato per anni.
Ecco alcuni miei pensieri scritti il giorno del suo funerale.
GIOVANNI D’AMORE
"Caro amico , ti scrivo, così mi distraggo un poco
e siccome mi sei lontano, più forte ti scriverò"
Come vedete, ho voluto iniziare questa mia con dei versi del grande Lucio Dalla.
Domenica u.s. andai ai funerali in Piazza Maggiore, la sua "PIAZZA GRANDE".
La Piazza e la Chiesa erano gremite e tanta gente piangeva, come è capitato di fare a me.
In questi giorni, i giornali hanno consumato fiumi d'inchiostro ,per parlare della sua omosessualità e di come la Chiesa l'ho ha accolto, o di come, l'avrebbe dovuto accogliere.
A mio avviso, questi articoli sono solo serviti per riempire i giornali.
Lo sapevamo tutti che Dalla era omosessuale, ma LUI non l'ha mai messo in mostra e non lo ha mai dichiarato ( come fanno tanti esibizionisti).
Si era confessato e comunicato prima di partire per il suo concerto.
Ogni domenica, andava nella Chiesa di Piazza dei Celestini, vicino casa sua, o dai frati domenicani, in San Domenico, per leggere , alla Messa, l'omelia.
Faceva bene al prossimo; era generoso e buono con tutti .
In Chiesa, perché, non si sarebbero dovuto eseguire i suoi funerali ? CHE ASSURDITA' !!! ( Dicono : si sono tenuti in Chiesa, perché Lui dava soldi alla Chiesa)
RIPETO: E' ASSURDO.
La Chiesa guarda al peccato ,non al peccatore: ci sono tantissimi preti omosessuali.
E' peccato essere omosessuali?
Io non la penso così. Non era esibizionista , rispettava il prossimo e difendeva- con dignità- il suo modo di essere.
Tanti giovani artisti gli dovrebbero essere riconoscenti: Ron e Morandi sono stati “sdoganati” da Lui ( erano stati entrambi abbandonati dal pubblico).
Era un poeta, un cantante, un musicista, un 'artista, un 'altruista.
Ho avuto modo di ammirarlo tante volte.
Lo ricordo, giovanissimo, andare in giro per i portici di Bologna portando al guinzaglio un tacchino.
Anche questa sua "follia" era arte.
Ai tempi in cui lanciò la canzone "ATTENTI AL LUPO", mi capitò di scontrarmi con Lui.
Sì, il nostro fu un vero "scontro": Camminavamo sotto i portici- io provenivo da sinistra e mi immettevo in Via D’Azeglio - dove abitava- e Lui usciva. Finimmo l'uno contro l'altro.
Io dissi : ATTENTO AL LUPO" e Lui intonò : "OOH ...OOH....OOH !...." e mi tese, ridendo, la mano.
Bologna ha perso un prezioso figlio.
Da quel giorno, ogni volta che lo incontravo, mi faceva un segno di saluto.
CHE DIO LO ACCOLGA in quel cielo che ha sempre cantato nelle sue canzoni.
Gianni
“CRIRITEME,CHI E’ NATO A NAPOLI A’ TENE SEMP’ ‘INT’O’ CORE.
IO A’ PENSE SPISSE E SPISSE LE DICHE: “AMMORE , AMMORE LASSATO,
IO NUN T’AGGIO PERDUTO, NUN PUTEVE, ME ‘NCATENATO :
ME METTISTE RINT’E’ ‘VVENE NU VELENE CHE E’ ATROCE .
ERO NU GIUVANUTTIELLO E, PER LAVORO, FUJE CUSTRETTO A GHI’…. FORE .
TU ME CHIAMME, TE SENTE, MA IO STO’ CCA’ ‘NCROCE !
O’ SSAI, VERO CA O’ SSAI…CA TENGO DUIE FIGLIE E SO’ PRIGGIUNIERE E ‘ L’AMMORE ?
SOFFRO PE’ TE…AMMORE LUNTANE E, SULE QUANNE TE VENGO A TRUVA’,
ME SENTE FELICE E O’ CORE, ORMAI VIECCHIE, SE METTE A BALLA’ !
ME STAI LUNTANE E’ IO CHIAGNE PO’, L’ANEMA MIA SUSPIRE E ME RICE : “ VA LA’,
O’ TIEMPE VOLA : PRIESTE TURNARRAI….” TU ME MANCHI, MENTRE IO TE VULESSE SEMPRE …. ‘ABBRACCIA’ “
….CHI E’ NATO A NAPOLI, l’aggio ritte tanti vote, ma lo voglio ridire :
E’ ‘MBASTATO R’AMMORE, E PE ST’AMMORE, PO’ PURE MORIRE !
“Stanno alla porta bussando…..
vedete, per favore, a quest’ora chi è “
“Gianni, è una signora vestita di nero,
dice :- che ti sta cercando -!”
NOO ! Sta cercando me ?
No, ditele che mi sento un GUERRIERO,
e che ho ancora tanto da fare.
Non sono pronto, vada altrove, vada lontano
da me, mandatela via, che vada a camminare…
per me non è il momento di passare la mano.”
Un pensiero mi assale: -Forse il giorno volge al termine ?
La notte, ineluttabilmente, viene.
Il tempo vola e nulla più si può fermare !
-Si può fermare la gioia, il dolore, un canto bene impostato ?
-Si può fermare il sole che si tuffa in mare ?
-Si può fermar l’amore che nutri per un figlio , fin da quando è nato ?
-Si può fermare il correre del mondo
che prima porta su e poi butta in fondo ?
-Si può fermare di un bambino il sorriso?
Per tutto c’è un limite che non si può superare:
No !.... Tutto passa, di corsa, all’improvviso.
Non si può e, Dio, sa…. quanto lo vorrei fare.
Ci sono concessi solo dei teneri ricordi :
-fuori dalla vostra scuola, le vostre manine gelate…-
E’ trascorsa un’eternità o pochi secondi ?
-Io arrivavo dopo corse trafelate….-
La mamma ,con il freddo o la pioggia, era già lì ,ad aspettare.
Vi prendevo per mano, vi accarezzavo ed eravamo felici-
Non potevo, come avrei fatto a mancare ?
-Il ricordo delle corse con la tua prima bici :
si partiva , “con il mio capitano di squadra” , da Zola
e si arrivava, attraversando vari paesini, a Vignola.
-Il ricordo delle nostre lotte, sul lettone, la domenica mattina
con la mamma che ci sgridava dalla cucina ;
-le gite in macchina per visitar castelli e paesi;
-gli spettacoli cinematografici nelle fredde mattine domenicali :
cartoni animati, cacciatori, cow boy ,prigioni, pelle-rossa presi,
film strappa lacrime e comiche demenziali .
- Il ricordo di un bambino, che la domenica sera, con le braccia tese,
a Cervia , davanti alla macchina , faceva “l’alto là “ ,
urlava e piangeva, piccolo passerotto indifeso, manifestava le sue pretese:
voleva fermare il suo papà che, per lavoro, tornava in città.-
“GIOBANNI mi picchia, non voglio andare all’asilo, papà “
“Non lo farà più, lo diciamo alla maestra e la finirà “
Ti ho voluto un indescrivibile bene e nulla lo potrà cancellare figlio mio.
Tu, per me, sei il più bel dono e la benedizione di Dio.
Con Te ho commesso un errore che ho sempre pensato amaro :
Ti ho dato il nome di tuo nonno….GENNARO.
Non avevo altra scelta, sono uomo antico
e poi, per me, mio padre era anche un amico.
Ancora un ricordo mi prende, i giorni vissuti insieme a Milano:
il mio spiegarti il mondo finanziario; un mondo che era vicino e lontano.
No’ …di nuovo bussano alla porta. Tu dici : “ non sono pronto, non puoi andare “
“La vita lo chiede, nessuno è mai pronto….anche se poi si dovrà fare.”
Il cielo si è fatto plumbeo , non temere, io non ti lascio, sarò al tuo fianco per l’eternità.
Cammina diritto nella vita; hai di fianco il tuo papà.
Giovanni D’Amore, figlio di GENNARO e padre di GENNARO. IL NONNO GENNARO, A SUA VOLTA, ERA FIGLIO DI GIOVANNI E NIPOTE DI GENNARO ( e così via, di padre in figlio)…..Fino a quando non si arriva a Bologna e tutto s’INGROGNA!
Nella luce rosata del tramonto, perduto nel silenzio
guardo l’astro morente che si spegne dolcemente
in questo mare cristallino e meraviglioso,
che entra in millenarie grotte che raccontano storia e leggende
e disegna delicati merletti di spuma tra ciottoli e sabbia
su remote e incantate spiagge bianche abbacinate dal sole.
Un candido gabbiano si culla pigro
nel leggero movimento delle onde,
lisciandosi le morbide piume.
Un lampo d’argento di piccole alici
increspa in un guizzo
la calma distesa del mare.
Nel lento allungarsi delle ombre,
una rondine reclina il capo sotto l’ala
alla ricerca del sonno che ristora.
Una barca si allontana silenziosa
e cala le reti nella scia,
sempre più piccola verso l’infinito.
E’ il sommesso respiro del mare,
il monotono sciabordìo delle onde
che cancellano le orme sulla battigia.
E’ un rapido volo di piccole croci,
che in concentrici cerchi di caccia
già preparano agguati notturni.
Domani partirò. E mi porterò dentro,
nel lieve sussurro del vento tra gli ulivi,
questa fragranza di salsedine, di pino,
di fiori, mirto e rosmarino,
questo concerto di richiami e strida
di ali stanche che tornano al nido.
Si accendono le prime stelle nel cielo
e tutto si addormenta nel silenzioso riposo della natura,
come sospeso nel tempo e nello spazio.
Nel giorno che muore, già sogno di tornare
e al chiaro di luna sorrido al ricordo
di albe e tramonti, di sole e di mare, di giorni sereni e felici.
(Villaggio Touring Marina di Camerota – luglio 2014)
Vola, Spirito libero, vola felice
nel tenue azzurro del cielo infinito,
nelle tremule praterie di sgargianti gorgonie,
negli aridi e sconfinati deserti.
Ti sentiremo nella lieve brezza del mattino,
nel vento impetuoso che scompiglia i capelli,
nel garrire delle rondini in cielo,
nella pioggia che ci sferza la pelle,
nel tuono che segue il lampo,
nella dolce carezza della neve che cade,
nel calmo respiro dello sciabordio delle onde.
Ti vedremo nello sbocciare di un fiore in primavera,
nel sorriso di un bimbo felice,
nel palpito tremolante di una stella,
nella rapida corsa di uno scoiattolo su un ramo,
nel delicato e bizzarro disegno di bianche nuvole all’orizzonte,
nel lampo che squarcia il cielo che piange,
nel sole che muore in quel mare che hai tanto amato.
Vola, Spirito libero, vola felice
e riposa, finalmente appagato, nel grembo del Creatore.
E quando, mano nella mano, affranti
guarderemo quel tramonto che per ultimo
ha riempito i Tuoi occhi e il Tuo cuore,
siedi ancora accanto a noi, distrutti nell’anima
ma sorretti dalla Fede nel rivederTi un giorno,
e dona nel vento una carezza lieve, un dolce bacio,
un delicato pegno d’amore ai nostri cuori straziati e smarriti,
dona una promessa e una speranza nel futuro.
(Agosto 2006)
La falce di luna già sbianca nel lieve chiarore di un nuovo giorno,
il cielo è un orecchio immenso teso sui respiri del creato.
Cammino solitario sulla sabbia umida
e ascolto la ritmica sinfonia della risacca
che scandisce il trascorrere del tempo
e sussurra nella sua voce ricordi di giorni lontani.
Ecco laggiù, oltre le montagne, il sole spezza la notte
e disegna nel mare una lunga strada di luce,
tra mille tremolanti pagliuzze d’argento.
Un timido granchio, abbarbicato agli scogli,
si offre al dolce abbraccio di un’onda.
Un gabbiano plana dolcemente sull’acqua. Non sono più solo.
Pian piano si risveglia la natura,
l’aria si riempie di voli e di richiami.
Esplodono i colori, tutto rinasce a nuova vita.
Lassù, dove inizia l’azzurro,
la disarmante dolcezza di un cinguettio solitario
intona su un ramo il suo gioioso canto d’amore.
Un immobile geco occhieggia tra le bouganville
e l’ibisco si apre a mostrare il suo prezioso diamante di rugiada.
Un tordo abbandona un cespuglio, frullando spaventato
e un ramarro già si crogiola ai primi raggi.
Una rondine lascia il nido alla ricerca del cibo,
per zittire i beccucci spalancati che urlano al cielo.
Nell’erba le formiche riprendono il loro incessante lavoro,
una cicala intona il suo monotono canto,
una farfalla dispiega le ali al primo tepore.
Nello stormire del vento, i nodosi e centenari ulivi
lanciano nel cielo le loro verdi frecce argentate,
quasi a voler trafiggere il sole.
Già le prime voci rompono l’incantesimo
di questo piccolo mondo di fiaba,
preludio alle grida argentine di bimbi felici tra le onde.
Inizia un nuovo giorno, una nuova avventura,
inebriato dai profumi di questa calda estate,
stregato da questa dolce e accogliente terra assolata.
(Umberto Leonardi – Villaggio Touring Marina di Camerota – luglio 2015)
Accompagnato dal ritmico frinire delle cicale,
affacciato su questo incredibile mare blu,
nel dolce crepuscolo che preannuncia la sera
lo sguardo spazia sulla maestosità del creato
e la fantasia vola sulle ali incantate di un sogno.
Vorrei essere MARE
per parlare con i pesci e fare ondeggiare praterie di posidonie,
per entrare in ogni anfratto e in ogni grotta,
per raccontare di Ulisse e di dolci sirene ammaliatrici,
per accarezzare remote e incontaminate spiagge bianche.
Vorrei essere CIELO
per abbracciare questa terra e questo mare,
per toccare laggiù l’infinito,
per riempirmi di voli e di richiami,
per vedere il mio azzurro riflesso negli occhi stupiti di un bambino.
Vorrei essere SOLE
per giocare a rimpiattino tra le nuvole,
per dare linfa ad ogni pianta e ad ogni fiore,
per attraversare ogni giorno la cupola del cielo,
per svegliare la natura e poi tingere di sangue il tramonto.
Vorrei essere VENTO
per sostenere il volo del gabbiano e della rondine,
per gonfiare le vele verso l’orizzonte,
per portare i profumi e gli aneliti di questa terra generosa,
per spingere la corsa delle bianche nuvole in cielo.
Vorrei soprattutto essere PITTORE
per fissare sulla tela della memoria
tutto il mare, il cielo, il sole e il vento,
il giallo dei limoni e l’argento degli ulivi,
questa luna e questa dolce notte trapunta di stelle,
questa terra di volti bruciati dal sole
e succhiarne gli umori e gli odori
come la primula tra le rocce e il candido giglio di mare nella sabbia,
per portare tutto questo con me, domani,
così da rifugiarmi in questa oasi di silenzio e di pace
e sfuggire alla frenetica e alienante vita di ogni giorno..
(Umberto Leonardi – Villaggio Touring Marina di Camerota – luglio 2016)
Quest’aria…
Sottile
mi attraversa i pensieri
e rimuove le scorie
dei “solidi dies”.
Emergono
dal lago del tempo
i sensi sopiti.
Io vengo dal Sannio,
là dove la roccia si stende,
dove un profilo boscoso
le forme riprende
di un corpo di donna.
Dorme da sempre,
da quando la strega del noce
Maleventum chiamò
quel paese ribelle.
Fu allora che la nebbia
leggera
mi ha avvolto di panni
che miei certo non sono.
Ho vissuto sognando,
ma qualcuno o qualcosa
ha nutrito il mio cuore,
il coraggio nativo
la parte migliore di me.
Ho visto le mani
da sole agitarsi,
la mia voce compressa
e senza risposte.
Dal marmo del volto
nessuno ha compreso
che in me lei viveva,
la scura dormiente
dai fianchi di pietra.
Quando il sole suo amante
riprende a scaldare
ogni cosa, i fiori, le acque,
un fremito sente
qualcosa si scioglie.
E i suoi lunghi capelli
dal monte discendono
là, verso il fiume Calore..
-Si hai na delusione d’ammore
ce vò tiempe pe fà calmà o’ core.
-Si, ra guaglione, te vene na smania r’ammore,
…..na vampate e’ calore,
nu cunsiglie te ranne: “ te tocca aspettà
ce vò tiempe :…nun ce stà niente a fà !”
-Si, ra viecchie, na figliola vulisse “ accustà”,
chella te rice :”nonnino, fatt’ allà ,
per te nun’ c’è più tiempe ,che vulisse fà ?”
-Si te stai gudenne nu belle mumente,
nun fai a tiempe : o’ mumente, …se fà prepotente.
-Si nu malanne t’affligge, e nun’ riesci a durmì,
o’ tiempe nun passe, te pare e’ murì….
ma, se tiene na cambiale a pavà ,
ahe’…sé sé !….chella stà subito “ccà”.
-Si n’amico, te stà cantanne na bella canzone,
o’ tiempe se mette a vulà…..
e… te rimane sule n’emozione,
…un istante e voilà, ha fernute e’ cantà .
O’ tiempe è traditore, è malandrino. Io nun ricorde comme fù
chelle che è certo è…ca… m’ arrubbate a giuventù !
O’ tiempe fa a lotta co’ e rilorgi : ( con gli orologi)
io, ca pensavo che era oggi,
me so distratte, è già… ropp’ rimane, ( dopo domani)
e o’ tiempe m’è scappate a rint’ e’ mane ! ( dalle mani)
Aiere, passanno ann’anza a nu specchie, (davanti ad uno specchio)
aggio visto ca me guardave nu viecchie
e io, ca me sente guaglione,
l’aggio fatte na genuflessione.
“Chillo nun’ songh’io”, aggio pensato ( non sono io )
“Chillo….appartiene a nu tiempe passato !
Vuie mò, nun ce cririte, ( voi non ci credete)
penso ca vuie rerite…, ( ridete)
e, invece, è accussì : anche se o’ tiempe è nu ‘nfamone :
io, nonostante, il passare degli anni : SO’ RIMASTE GUAGLIONE !!!!!!
A giuventù è scappate, è giusto durata
comme a na rosa… ro’ viente spugliata !
Io pense, però, ca… o’ tiempe po’ pure vulà,
se po’ ncantà, ce po’ fa adirà,
ma se vuje facite cumm’ a mmè e nun ‘ o’ state a pensà :
…… VVUJE ,RINT’O’ CORE, RIMANITE CRIATURA.
VENITE SULE SFIORATO .PIRCIO’, NUN’ VE METTITE PAURA...
JOHNEROMAD , giunto “alla giovane età di 80 anni”, ha ricevuto in regalo un pro- nipote e, da BIS NONNO, ha scritto questi versi:
Piccolo TOMMY, sei entrato nella mia vita
Così- all’improvviso- da vero ficcanaso,
forse è per questo che ti hanno chiamato Tommaso?
La mia pianta stava per rinsecchire e tu gli hai dato vita.
Il tuo sorriso è luce , è gioia. Tu mi fai proseguire,
con più forza, il cammino. Ogni giorno, per me, è breve :
-il sole tramonta presto alla mia età !-
Ma Tu , mia linfa vitale, sei la speranza, che rende tutto più lieve .
Il tempo, ora-per incanto- rallenterà.
Con Te non mi sarà concesso morire.
Se ti prendo tra le mie braccia, per farti giocare,
guardo i tuoi occhi e vedo il mio mare :
il tuo profumo di sole mi assale…..,
la speranza ha il sopravvento :
sono rinato, non mi sento più male !
Noi due abbiamo tanto da fare. Non farò vivere lo sgomento.
Tranquillo bimbo mio: t’insegnerò ad amare, ti trasmetterò la filosofia,
che ha guidato la mia vita e ti seguirò (anche se da lontano) mentre percorri la tua via.
Il tuo BIS NONNO GIANNI
2015
Ormai la nostra bella vacanza è finita. Stiamo ritornando in città sentendoci ancora avvolti
dal caldo profumo e dalla energia tanto intensa della terra di Puglia quando, alzando gli
occhi, esclamo contenta: “Ecco San Luca, siamo a casa!”.
Stranamente nessuno risponde, anzi mi sembra di notare che le ragazze si scambiano
un’occhiata di intesa, come se volessero dire :”Noi l’avevamo vista già da un po’ di tempo,
ma siamo troppo grandi per fare ancora questo vecchio gioco! Lasciamo alla mamma la
convinzione di essere stata la prima!”.
Sto per replicare :”Non si è mai troppo grandi per rivolgersi alla Madonna!”, ma noto la
loro compiacente accondiscendenza e continuo i miei pensieri in silenzio.
Guardo di nuovo la Basilica che noi Bolognesi chiamiamo confidenzialmente “San Luca ”,
perché al suo interno è custodita e venerata l’immagine della Beata Vergine di San Luca.
Capisco perché, vedendola, ci sentiamo a casa. E’ posta sulla cima del colle così che,
da qualunque parte rientriamo, sembra sempre venirci incontro con la sua forma dolce,
rotonda come una madre in attesa o come un abbraccio che ci accoglie e ci dice :”Non
temere, va tutto bene, ora sei qui vicino a me e non può succederti nulla di male!”.
Al mattino, quando ci rechiamo al lavoro, istintivamente gli occhi corrono verso di Lei per
un piccolo saluto propiziatorio. Questo rapporto “filiale” ci porta a rivolgerci a Lei sempre:
quando siamo in difficoltà, in pericolo o desideriamo una “grazia”. Le mandiamo un
pensiero anche quando siamo felici e, in occasione di matrimoni o feste, ci rechiamo a
farle visita e Le portiamo dei fiori.
Poi ci piace ammirarla in primavera, quando il suo mantello verde si punteggia di
bianco oppure nelle sere d’estate quando la serpentina luminosa dei portici fa correre lo
sguardo fino alla luce della sua cupola. La ammiriamo in autunno per il suo bel mantello
rosseggiante, ma La amiamo d’inverno quando si veste di bianco solo per noi.
Noi ci sentiamo figli in quanto Lei è Madre, tanto tenera ed affettuosa che in una notte
d’estate ci ha permesso perfino di giocare con Lei.
Mentre gli artificieri si divertivano a lanciare i “fuochi” noi, dalle terrazze della città
potevamo vedere i razzi salire nel cielo per poi esplodere aprendosi in cascate di luci
multicolori.
Questo spettacolo ci ha riportati a quando eravamo bambini e comperavamo le “palle di
vetro” che, agitate, formavano la neve attorno ai piccoli monumenti di metallo colorato
contenuti al loro interno. Poi l’ultimo razzo è scoppiato formando un enorme fiore di
pulviscolo color oro, è rimasto sospeso un istante illuminando a giorno tutte le colline
circostanti e, mentre noi guardavamo attoniti, questa miriade di punti luminosi ha
cominciato a scendere avvolgendo la Basilica in un turbinio d’oro e regalandoci la netta
sensazione di assistere alla gloriosa Assunzione della Vergine.
E’ un rito, è come andare a Teatro: ti prepari, ti rechi allo studio del medico, ti siedi ed assisti allo spettacolo…..così trascorrerai tre, quattro ore in santa pace.
E’ anche come andare ad una cerimonia, con invitati, sposi, sguardi, saluti, e…. impegni il tuo tempo nell’attesa.
Ma cosa è il tempo ? E’ quell’ attesa, che con pazienza, ti trattiene fino al tuo turno, per una visita medica o, l’attesa per una convocazione, o una lunga riflessione per decisioni importanti.
Il tempo è importante e a chi più sa, più spiace perderlo.
Questa, purtroppo, è la vita. Andiamo avanti , aspettiamo: prendiamo la pillola della PAZIENZA, che chiediamo al Signore ogni mattina, per non perderla, per essere tranquilli, per trascorrere la giornata in GRAZIA di DIO.
I minuti corrono, le ore passano, il tempo vola e passa la giornata, passano gli anni e… si arriva alla terza età.
E’ questa l’età in cui, purtroppo, si ha più bisogno del medico: per curarsi e vivere ( non vivere per curarsi).
Allora? Aspettiamo il nostro turno, per essere sottoposti a visita sapendo che….fino a cento anni….ci vuole tempo.
E’ un rito, è come andare a Teatro: ti prepari, ti rechi allo studio del medico, ti siedi ed assisti allo spettacolo…..così trascorrerai tre, quattro ore in santa pace.
E’ anche come andare ad una cerimonia, con invitati, sposi, sguardi, saluti, e…. impegni il tuo tempo nell’attesa.
Ma cosa è il tempo ? E’ quell’ attesa, che con pazienza, ti trattiene fino al tuo turno, per una visita medica o, l’attesa per una convocazione, o una lunga riflessione per decisioni importanti.
Il tempo è importante e a chi più sa, più spiace perderlo.
Questa, purtroppo, è la vita. Andiamo avanti , aspettiamo: prendiamo la pillola della PAZIENZA, che chiediamo al Signore ogni mattina, per non perderla, per essere tranquilli, per trascorrere la giornata in GRAZIA di DIO.
I minuti corrono, le ore passano, il tempo vola e passa la giornata, passano gli anni e… si arriva alla terza età.
E’ questa l’età in cui, purtroppo, si ha più bisogno del medico: per curarsi e vivere ( non vivere per curarsi).
Allora? Aspettiamo il nostro turno, per essere sottoposti a visita sapendo che….fino a cento anni….ci vuole tempo.
Svegliarsi al mattino, nel mese di maggio, e gustarsi un buon caffè, mentre lo sguardo esce sul terrazzo della cucina per dare il buongiorno alle piante che si risvegliano al nuovo giorno.
Respirare quell’aria fresca e profumata e dire a tutti e a tutto: “BUONGIORNO!”
Uno sguardo a sinistra si ferma su un gruppo di rose fiorite che colorano, tra le ciotole, un prato verde per scoprirne le sfumature che richiamano l’arcobaleno.
A destra, invece, una spalliera del balcone è tutta bianca, ricca di “Rhyncospermum jasminoides “ ossia gelsomini profumati che fanno sognare la purezza e il candore della vita e la gioia di esserci, la voglia di vivere.
Tutte meraviglie che ha fatto il signore per noi e per non farci dimenticare che Lui è qui, sempre presente, in tutte le forme che ci circondano.
Cosa vogliamo di più dalla vita?
Il sole, il mare, le bellissime stagioni che sempre si rincorrono, l’equilibrio cosmico che ci ha donato e che solo noi stiamo distruggendo con la nostra ignoranza; cosa pretendiamo ancora?
Noi non siamo mai contenti anche perché non vogliamo riconoscere i grandi miracoli che ogni giorno il buon Dio ci dona insieme al miracolo della nostra vita.
Guardiamo e ringraziamo con amore tutto ciò che ci circonda e riempiamo i nostri occhi della natura di DIO.
Quando suonerà quel campanello ci chiederà anche di quanti colori è fatto l’arcobaleno.
L’8.9 del…..( diciamo di tanti anni fa) io venni al mondo.
Ero finalmente venuto in dono a mio padre che aspettava l’erede, fin dal primo figlio.
Prima di me erano nate 5 femmine.
Quando mia mamma vide che ero maschio gridò :” Ah finalmente, a NAPULE, mò ce stanno RUJE ( due) maschi.!!!”
Papà si spaventò : pensava ad un parto gemellare.
Mamma, viceversa, intendeva dire che i MASCHI a Napoli erano,ora, due; quello che aveva partorito Lei e…il MASCHIO ANGIOINO ( detto anche “CASTEL NUOVO” ( roccaforte che, come voi sapete, si trova in piazza MUNICIPIO vicino al Porto di Napoli).
L’8 settembre a Napoli si festeggia a “MARONNA e PIERE ROTTE”. Madonna che si trova nella chiesetta ai piedi della grotta a MARGELLINA, nei pressi della METROPOLITANA. .
La galleria o grotta fu scavata nel secolo 1 A.C. sotto la collina di Posillipo per agevolare il percorso tra Napoli e Pozzuoli
A quei tempi la festa durava più giorni: si facevano carri allegorici di carta pesta che percorrevano le vie di Napoli .. Era un tripudio di fiori di carta, striscioni, nastri, e suoni : SCETAVAJASSE, PUTIPU’, TAMMUORRE, e TRIK TRAK.
Si teneva un festival di canzoni napoletane e, in ogni vicolo della città, c’erano sui balconi eleganti coperte da letto matrimoniale e lampadine con luci di vario colore.
Un amico di mio padre, in quel famoso 8 settembre, attaccò una treccia di carta colorata che, partendo dal balcone di casa,( ultimo piano) si fermava al portone e, al portone, affisse un nastro enorme di colore celeste.
I miei abitavano a SPACCA NAPOLI-VICO PERGOLELLA MORBILLO.
Spaccanapoli è chiamata così perché ( in due chilometri di percorso, dalla Chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori a Forcella) taglia in due la città.
Durante questo tragitto si incrociano palazzi storici, chiese, Monti di Pietà.
Dovunque si volge lo sguardo, si scorgono scorci strani, sghembi di scale, tabernacoli, chiese, obelischi barocchi. I tabernacoli risplendono anche nel fondo dei cortili delle case d’abitazione, dei bassi,tra i festoni della biancheria.
In queste strade si vendono polpi, brodo di polpi, zeppole, paste cresciute fritte, arancini, triangoli di polenta fritti e panzarotti.
Sento il profumo solo a scrivere di queste leccornie.
E’ un quartiere che brulica di bambini; un quartiere allettante e poppante.
Sono passati anni da quando sono andato via ma, il mio cuore, resta sempre là.
Papà era un operaio: faceva il tipografo e con sei figli , non si campava…..si tirava a CAMPA’
Mamma, tra strilli e ALLUCCHE ( sgridate) a noi bambini,( tra noi figli c’era la distanza di uno, massimo due anni d’età) arrotondava le entrate confezionando gonne per bambine e, da questo suo lavoro, nacquero i miei….guai.
Eh…sì perché lei, anche se si cimentava a fare dei calzoni per me, somigliavano, ahimè, più a gonne che a pantaloni.
Mi dicono, le foto di allora e le mie sorelle, che ero un bel bambino: capelli ricci di un colore castano chiaro, lineamenti femminili, magro, occhi azzurri.
Quando qualcuno diceva a mia madre : “Che bella bambina” avrei voluto sparire dentro a NA SAITTELLA ( botola dove corre l’acqua di scarico) ma ,per difendermi, gracchiavo: SONGO NU MASCULO !”.
In casa, per sentirmi “ NU VERO MASCULO” mettevo i calzoni di papà ma finivo con inciampare, a causa della loro lunghezza e a procurarmi dei grandi bernoccoli sulla fronte che, la povera mamma, curava con pane grattugiato e sugna.
Qualche pantalone “ A ZUAV”, così si chiamavano quelli che finivano al ginocchio e si portavano con i calzettoni lunghi, mi veniva regalato da una mia zia che aveva un figlio più grande di me ma anche molto più grasso. Li usavo per le giornate di festa quando papà mi portava in Chiesa e poi alla Villa Comunale di Napoli o in visita ai parenti che abitavano all’altro capo della città.
Con quei pantaloni non mi guardavo mai allo specchio perché temevo di apparire buffo. Mamma li stringeva, accorciava ma….invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.
A scuola andava meglio: indossavo un grembiule nero lungo fino al ginocchio ( se così posso chiamare le ossa rosse che si vedevano alla fine del grembiule ).
Poi, scoppiò la guerra.
Partimmo tutti da Napoli con un carretto carico di coperte, cianfrusaglie, materassi, rete, culle varie, brocche, piatti, posate.
Eravamo diretti a Rotondi in Provincia di AVELLINO ( località situata nella VALLE CAUDINA dove, a detta di amici di papà, saremmo dovuti stare tranquilli.)
All’inizio, tutto bene poi, anche quelle zone furono colpite da bombe anglo-americane.
Io avevo risolto i problemi dei CAZONI : giravamo sull’aia, per casa e nella campagna, con mutante e scalzi, come degli zingari anzi “COME E CAFUNCIELLE MIE”( i miei contadinelli) diceva mamma ridendo.
A Rotondi,dopo qualche mese, fui nominato PICCOLO BALILLA.
Mia mamma mi accompagnò dal GERARCA e mi venne consegnata una divisa:
NU BELLU CAZONE e a CAMICIA NERA.
Finalmente….nu bellu cazone che mi andava a pennello, tutto per me.
L’indomani avrei fatto una figurona!
Indossai la mia divisa, dopo essermi guardato a lungo nello specchio ,sembravo un manichino, mi calzava perfettamente e , di mattino presto, uscii sull’aia pronto per andare all’adunata che era prevista per le dieci. Erano le 7 , la radio annunciò qualcosa….
Non capii molto. “Un certo BADOGLIO aveva…..” da una casa spuntò una vecchina sdentata che , come una strega, gridò:
“ A UERRA E’ FERNUTA, A UERRA E’ FERNUTA !” ( la guerra è finita)
Si mise a ballare, “affacciateve” gridava, a UERRA E’ FERNUTA ! e poi vedendomi tutto vestito di nero, mi afferrò per un braccio : “UAGLIO’ LIEVETE STI CAZUNE, LIEVETE STA’ ( togliti) CAMICIA…..A UERRA E’ FERNUTA! “ e fece a brandelli la mia speranza e nu bellu cazone !.
Tornammo a Napoli. Papà disse, “ormai non corriamo più pericoli”.
Ci trasportava il vettore dell’andata, con il suo scalcagnato carretto trainato da un altrettanto scalcagnato cavallo.
Durante il viaggio, fummo fermati da un gruppo di tedeschi che facevano rastrellamenti di intere famiglie.
Il Comandante del gruppo si avvicinò a noi, vide papà con i capelli bianchi ( erano coperti di polvere e sembravano bianchi) magro, spaventato, una donna anche lei con i capelli bianchi ( per le ragioni già dette) e disse:” Essere un vecchio e una vecchia con delle PAMPINE , lasciamoli ANTARE”
Mai come quella volta fui felice di essere considerato una PAMPINA ma, se non fosse stato per un calcio datomi da mamma, avrei, comunque, solo per orgoglio, gridato: “Io sono un MASCULO!”
I veri problemi cominciarono allora: bombardamenti a tutte le ore. I quartieri spagnoli semi-distrutti, i collegamenti ferroviari resi impossibili, il Monastero di Santa Chiara distrutto.
Bombardamenti, notti passate ( per mia fortuna in pigiama) nei ricoveri e poi, le quattro giornate di Napoli.
Da vero scugnizzo, di nascosto di mia madre, ero sceso in strada:
Dal vico Paradiso, una traversa di Via Pasquale Scura, si vedevano fiamme e si udivano spari nel quartiere PIGNASECCA ( sempre Spaccanapoli).
Avevo indossato, purtroppo, di nuovo i miei CAZONI A GONNA.
Un giovane mi diede una specie di pigna in mano ( più tardi capii che era una bomba a mano) e mi disse:
“PICCIRE’ lanciala, magari nun pensano ca si state tu”
Mi salvai gridando ma io songhe nu masculo, tu che stai capenne ?.
Per fortuna la guerra fini e noi ragazzi tornammo ai soliti giochi :
SALTACAVALLINO, GUARDIE E LADRI, GUAINELLA.
Con i pantaloni a gonna me la cavavo con la guainella perché riuscivo a correre ma, per gli altri giochi era una tragedia.
A guardie e ladri, restavo impigliato, a causa dei CAZUNE larghi, ai ferri dei cancelli e facevo dei grandi strappi che mi costavano tirate d’orecchie .
A SALTACAVALLINO, quando indossavo i calzoni rappezzati e quindi stetti, finivo con il cadere.
Finalmente venne il giorno del grande acquisto.
Eravamo noi sei in casa. Mamma e papà erano usciti per fare qualche acquisto.
Bussarono alla porta due uomini e noi, nonostante la raccomandazioni avute “ di non aprire a sconosciuti”, aprimmo.
Misero sul tavolo due grandi pezze di stoffa marrone a righe bianche e ci dissero che volevano farci fare un bel regalo ai nostri genitori.
Io che ero il MASCULO” del momento dissi : “Ma papà e mamma non ci sono e noi non sappiamo dove hanno i soldi”.
Mia sorella più grande, disse “Lo so io, dove mettono i soldi” e andò a prendere, sotto la biancheria di un cassetto, i risparmi che, giorno, dopo giorno, avevano messo da parte i miei genitori.
Erano circa 5 mila lire.( servivano per comprare la casa dove abitare).
“Bastano” dissero . Presero i soldi e ci lasciarono la stoffa.
Non vi racconto quello che accadde quando dicemmo ai genitori che avevamo fatto loro un regalo.
BRR! Se ci penso sento ancora gli urli e gli schiaffoni presi, senza distinzione di età, da noi tutti..
Con la stoffa un sarto fece una gonna e un gilet alla nonna ed alla mamma; un vestito a papà ed al nonno; una gonna ad ognuna delle mie 5 sorelle e un vestito completo per me.
Che bello, avevo il mio vestito! ..
Era, a mio avviso, bellissimo e mi faceva un “damerino”.
La domenica, quando uscivamo con i vestiti a righe noi tutti, per TOLEDO, la gente ci guardava.
Forse si chiedeva ma quei dieci, sono una banda o sono usciti da un carcere ? Pensate che con un pezzo di stoffa avanzato era stato fatto anche un cappottino a FIFI’, il nostro cagnolino.
La stoffa era di un tessuto che non teneva il caldo, il vento passava tra le trame e noi tutti avevamo gambe rosse e geloni. Non teneva nemmeno le pieghe: sui ginocchi si facevano dei gonfiori di stoffa, la forma non teneva e” nemmeno nu carro armato tedesco”, diceva la nonna “riesce a stirare sta schifezza e stoffa.”
Io ho usato quel vestito per lungo tempo. Mi piaceva troppo e , per tenerlo bene, lo mettevo sotto il materasso.
Un pomeriggio di sole uscii a fare due passi. Mi sentivo bello, elegante. Mi sembrava che tutti mi guardassero compiaciuti. Pensavo: devo essere veramente bello se in tanti mi guardano e sorridono al mio passare.
Arrivato all’angolo del CAVONE, una soave fanciulla, ridendo mi disse: “GIUVINO’, APPUNTATEVE O’ CAZONE ! “.
Che delusione !
Con i primi soldi guadagnati mi sono comprato i miei CAZUNI, tutti rigorosamente fatti a mano.
Ho l’armadio pieno di pantaloni e non uso mai, nemmeno al mare, quelli corti .
E CAZUNI sono stati la mia ossessione.
Voi non ci crederete ma, ancora oggi, in pizzeria, non posso fare a meno di ordinare, naturalmente,
NU CAZONE !
di Renato Servidio
Quante volte mi sono sentito rivolgere la domanda: “Come ha fatto a lasciare Napoli, sua città d'origine?”
La domanda si fa più pressante allorquando le persone che la rivolgono sono entusiaste di quella terra; il
numero diventa sempre più ampio, come confermato dalle costanti testimonianze fornite dai tantissimi
versi di poesie e da canzoni immortali, che inneggiano alla indiscussa bellezza della città partenopea. Lasciai
la mia Città fin dal lontano 1953, ma il dolore del distacco fu, in parte, mitigato dalla speranza che potesse
trattarsi di una parentesi.
Ora che il lavoro e, soprattutto, la vita hanno reso la lontananza permanente, avverto —con maggiore
sensibilità — il distacco dalle origini; comunque si tratta di un
CORDONE OMBELICALE
che non sarà mai reciso.
Questo è il sentimento che mi lega a tutti i Soci di "Reginella".
Mi piace ricordare i versi di un poeta napoletano, Giuseppe Esposito, che esprimono a pieno la pena del
mio cuore:
VECCHIA CASA
Hè ‘nzerrate ‘e persiane ‘int' ‘o salone?
Te scuorde niente cchiù, ne sì sicura ?
Fa ampressa, jammuncenne, a che s'aspetta?
Gira ‘sta chiave dint' 'a mascatura.
Io te saluto cu na pèna o core,
t'aggia lassà, pe sempe, casa mia.
Quanta ricorde dint'a nu mumento
Mèttono ‘n core na malincunia.
L'uocchie so 'nfuse, t'aggio amata assaje,
tu nce faciste bbona compagnia,
nun ce penzammo cchiù, tutto è destino !
Bbona fortuna, oje casarella mia !
Fa ampressa, jammuncenne, a chi s'aspetta ?
Gira ‘sta chiave dint' ‘a mascatura!
di Luisa Lipparini Leonardi
Ho avuto modo di conoscere l’associazione “Reginella” alcuni anni fa quando, durante uno spettacolo al Teatro San Filippo Neri, mi è stato presentato il presidente Dottor Maccauro.
La sera stessa, mio marito ed io, ci siamo recati a cena insieme ai soci di Reginella.
Come sempre succede, abbiamo cominciato a chiacchierare con una coppia di coniugi seduti accanto a noi: lei gentile ma un po’ timida e riservata; mentre il marito ha cominciato subito ad intrattenerci raccontando aneddoti e barzellette.
Poi, come sempre succede, abbiamo parlato dei figli, scambiandoci qualche confidenza.
I nostri nuovi amici ci hanno raccontato che, per tradizione di famiglia, loro malgrado, hanno dovuto dare al primo figlio maschio il nome del nonno paterno: “GENNARO”.
Il figlio ora è laureato e lavora in banca in Germania e lamenta che i colleghi (maschi) sorridono maliziosamente sentendo il suo nome che lo qualifica come napoletano,
Io però ho pensato che le donne , quando in una fredda giornata piovosa e senza sole, incontrano un giovane sicuramente bello e dagli occhi brillanti, come tutti gli Italiani del Sud, sentendo il nome Gennaro (e per di più ) D’Amore, non possono fare a meno di sognare di trovarsi con lui in una terrazza sul golfo di Napoli, avvolte dall’azzurro del cielo e del mare , mentre uno scugnizzo canta una romantica canzone, e, perché no, davanti ad una bella pizza fumante seguita da uno splendido caffè.
Napoli è veramente una città speciale capace di mandare nel mondo giovani che, col solo loro nome, riescono a far sognare!
di Luisa Lipparini Leonardi
E’ una bella mattina di giugno quando, insieme ad una allegra comitiva di amici, mi reco alla Certosa di San Lorenzo, nel ridente paesino di Padula.
La nostra guida ci spiega che la Certosa fu fondata nell’anno 1306 da Tommaso Sanseverino Conte di Marsico il quale, appena sancito il contratto di fondazione, ne fece dono ai Monaci Certosini che seguivano la regola “ora et labora” e avevano la grande capacità di inserirsi nel tessuto sociale della popolazione dei territori da loro amministrati ed erano specializzati nella bonifica dei luoghi paludosi.
La guida continua a fornirci notizie sulla Certosa mentre attendiamo il nostro turno per poter procedere nella visita; ma io sento la necessità di allontanarmi un po’ dalla comitiva per seguire i miei pensieri.
Immagino di trovarmi nella Corte Esterna in una mattina di settecento anni fa.
E’ l’alba. Una torcia è ancora accesa al centro del grande cortile. Il monaco portinaio arriva scuotendo una campanella, si avvicina al portone di ingresso e lo apre con una enorme chiave di ferro; saluta i pellegrini che, ritemprati da un buon pasto e da un buon riposo, sono ansiosi di riprendere il loro viaggio approfittando dell’aria fresca del mattino.
Ora cominciano ad arrivare i commercianti, accompagnati da servi e muli carichi di enormi sacchi di grano che al mulino verrà macinato e trasformato in farina; portano anche formaggi, erbe, uva e tutti i prodotti dei campi che verranno lavorati nelle botteghe poste ai lati della Casa Bassa.
Il sole illumina questa Babele colorata di uomini e animali, quando nella piazza irrompe un drappello di cavalieri che accompagnano un nobile prelato. E’ un personaggio importante ed atteso che viene accolto con grande deferenza e fatto entrare nella Domus Alta, mentre i servi si prendono cura dei cavalli e li conducono nelle stalle dove avranno acqua, fieno e verranno spazzolati e ferrati.
Ora anche noi entriamo, seguiamo il Prelato nel chiostro della Foresteria, dove le belle camere hanno i muri dipinti e i soffitti a cassettoni.
La guida mi richiama alla realtà ricordandomi che un tempo questo luogo era riservato alla clausura e, naturalmente, era interdetto agli estranei e alle donne.
Bene, per fortuna a me oggi è concesso di entrare!.
Accediamo alla chiesa attraverso un magnifico portale in cedro del Libano completamente intagliato con rosoni e lettere greche; anche il coro, molto bello, è lavorato ad intarsio, ma io penso ai monaci che -al suono di una campanella- dovevano essere pronti a recarsi in chiesa di giorno e di notte dove restavano inginocchiati per lunghe ore per pregare, ascoltare le letture dei testi sacri e….fare la confessione a voce alta davanti a tutta la Comunità!.
Poveri monaci! Dovevano pregare, lavorare, meditare, digiunare, sempre in silenzio e in solitudine, mentre il Priore esercitava su di loro ogni potere spirituale e temporale.
Proseguiamo la visita e vediamo la Cappella del Fondatore dove è conservata la tomba del Conte di Sanseverino, poi la Sala del Capitolo e la Sala del Refettorio.
La cucina è imponente e dotata di accorgimenti che la rendono ancora oggi funzionale, ma ciò che più colpisce la mia fantasia è l’apprendere che attraverso le tubature, collegate ai rubinetti, i pastori per ben tre volte al giorno mandavano il latte appena munto ai Monaci.
Entriamo nel Chiostro Grande, veramente splendido, pieno di luce e di sole e –ubicate su tre lati- possiamo osservare le porte d’ingresso delle celle dei Monaci di Clausura.
Finalmente ci è concesso di entrare in una di esse!.
E’ spaziosa e comprende anche un corridoio da cui si accede ad un piccolo orto…..
Io guardo la finestrella che il monaco apriva una volta al giorno per prendere il cibo e forse in quel momento, alzando gli occhi verso il cielo azzurro, sognava di poter volare in alto insieme alle rondini che garrivano libere e felici.
Mi avvicino al tavolo dove il monaco leggeva e studiava, cerco di immaginare il suo viso austero e sereno, i suoi capelli bianchi… ma con mia grande sorpresa si presenta un uomo giovane con lo sguardo inquieto, gli occhi scuri, come i capelli e la barba. Indossa un saio enorme per la sua esile figura.
Esclamo fra me e me : “Ma questo giovane è un figlio cadetto e non aveva la vocazione!. Poverino, come avrà fatto a trascorrere in clausura tanti anni, fino alla vecchiaia? “.
Sto per uscire dalla Certosa, ma il mio cuore è triste, finché noto una piastrella con la scritta:
“LA CERTOSA E’ STATA NEL TEMPO LUOGO DI CLAUSURA, PRIGIONE POLITICA, CAMPO DI CONCENTRAMENTO, MA QUI DIO C’E’“.
Finita la visita mi siedo su una panchina e comincio a scrivere: “IL LUNGO VIAGGIO” “Chi abitava in questa cella…..”.
di Giovanni D'Amore
Il 1° marzo 2012 morì un grande ARTISTA BOLOGNESE : LUCIO DALLA.
Sono trascorsi 3 anni e sembrano tre secoli. Mi manca tanto. La sua voce mi ha incantato per anni.
Ecco alcuni miei pensieri scritti il giorno del suo funerale.
GIOVANNI D’AMORE
"Caro amico , ti scrivo, così mi distraggo un poco
e siccome mi sei lontano, più forte ti scriverò"
Come vedete, ho voluto iniziare questa mia con dei versi del grande Lucio Dalla.
Domenica u.s. andai ai funerali in Piazza Maggiore, la sua "PIAZZA GRANDE".
La Piazza e la Chiesa erano gremite e tanta gente piangeva, come è capitato di fare a me.
In questi giorni, i giornali hanno consumato fiumi d'inchiostro ,per parlare della sua omosessualità e di come la Chiesa l'ho ha accolto, o di come, l'avrebbe dovuto accogliere.
A mio avviso, questi articoli sono solo serviti per riempire i giornali.
Lo sapevamo tutti che Dalla era omosessuale, ma LUI non l'ha mai messo in mostra e non lo ha mai dichiarato ( come fanno tanti esibizionisti).
Si era confessato e comunicato prima di partire per il suo concerto.
Ogni domenica, andava nella Chiesa di Piazza dei Celestini, vicino casa sua, o dai frati domenicani, in San Domenico, per leggere , alla Messa, l'omelia.
Faceva bene al prossimo; era generoso e buono con tutti .
In Chiesa, perché, non si sarebbero dovuto eseguire i suoi funerali ? CHE ASSURDITA' !!! ( Dicono : si sono tenuti in Chiesa, perché Lui dava soldi alla Chiesa)
RIPETO: E' ASSURDO.
La Chiesa guarda al peccato ,non al peccatore: ci sono tantissimi preti omosessuali.
E' peccato essere omosessuali?
Io non la penso così. Non era esibizionista , rispettava il prossimo e difendeva- con dignità- il suo modo di essere.
Tanti giovani artisti gli dovrebbero essere riconoscenti: Ron e Morandi sono stati “sdoganati” da Lui ( erano stati entrambi abbandonati dal pubblico).
Era un poeta, un cantante, un musicista, un 'artista, un 'altruista.
Ho avuto modo di ammirarlo tante volte.
Lo ricordo, giovanissimo, andare in giro per i portici di Bologna portando al guinzaglio un tacchino.
Anche questa sua "follia" era arte.
Ai tempi in cui lanciò la canzone "ATTENTI AL LUPO", mi capitò di scontrarmi con Lui.
Sì, il nostro fu un vero "scontro": Camminavamo sotto i portici- io provenivo da sinistra e mi immettevo in Via D’Azeglio - dove abitava- e Lui usciva. Finimmo l'uno contro l'altro.
Io dissi : ATTENTO AL LUPO" e Lui intonò : "OOH ...OOH....OOH !...." e mi tese, ridendo, la mano.
Bologna ha perso un prezioso figlio.
Da quel giorno, ogni volta che lo incontravo, mi faceva un segno di saluto.
CHE DIO LO ACCOLGA in quel cielo che ha sempre cantato nelle sue canzoni.
Gianni
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