GiovanniDamoreProse

 

"O' Cazone"

 

L’8.9 del…..( diciamo di tanti anni fa) io venni al mondo.

Ero finalmente venuto in dono a mio padre che aspettava l’erede, fin dal primo figlio.

Prima di me erano nate 5 femmine.

Quando mia mamma vide che ero maschio gridò :” Ah finalmente, a NAPULE, mò ce stanno RUJE ( due) maschi.!!!”

Papà si spaventò : pensava ad un parto gemellare.

Mamma, viceversa, intendeva dire che i MASCHI a Napoli erano,ora, due; quello che aveva partorito Lei e…il MASCHIO ANGIOINO ( detto anche “CASTEL NUOVO” ( roccaforte che, come voi sapete, si trova in piazza MUNICIPIO vicino al Porto di Napoli).

L’8 settembre a Napoli si festeggia a “MARONNA e PIERE ROTTE”. Madonna che si trova nella chiesetta ai piedi della grotta a MARGELLINA, nei pressi della METROPOLITANA. .

La galleria o grotta fu scavata nel secolo 1 A.C. sotto la collina di Posillipo per agevolare il percorso tra Napoli e Pozzuoli

A quei tempi la festa durava più giorni: si facevano carri allegorici di carta pesta che percorrevano le vie di Napoli .. Era un tripudio di fiori di carta, striscioni, nastri, e suoni : SCETAVAJASSE, PUTIPU’, TAMMUORRE, e TRIK TRAK.

Si teneva un festival di canzoni napoletane e, in ogni vicolo della città, c’erano sui balconi eleganti coperte da letto matrimoniale e lampadine con luci di vario colore.

Un amico di mio padre, in quel famoso 8 settembre, attaccò una treccia di carta colorata che, partendo dal balcone di casa,( ultimo piano) si fermava al portone e, al portone, affisse un nastro enorme di colore celeste.

I miei abitavano a SPACCA NAPOLI-VICO PERGOLELLA MORBILLO.

Spaccanapoli è chiamata così perché ( in due chilometri di percorso, dalla Chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori a Forcella) taglia in due la città.

Durante questo tragitto si incrociano palazzi storici, chiese, Monti di Pietà.

Dovunque si volge lo sguardo, si scorgono scorci strani, sghembi di scale, tabernacoli, chiese, obelischi barocchi. I tabernacoli risplendono anche nel fondo dei cortili delle case d’abitazione, dei bassi,tra i festoni della biancheria.

In queste strade si vendono polpi, brodo di polpi, zeppole, paste cresciute fritte, arancini, triangoli di polenta fritti e panzarotti.

Sento il profumo solo a scrivere di queste leccornie.

E’ un quartiere che brulica di bambini; un quartiere allettante e poppante.

Sono passati anni da quando sono andato via ma, il mio cuore, resta sempre là.

Papà era un operaio: faceva il tipografo e con sei figli , non si campava…..si tirava a CAMPA’

Mamma, tra strilli e ALLUCCHE ( sgridate) a noi bambini,( tra noi figli c’era la distanza di uno, massimo due anni d’età) arrotondava le entrate confezionando gonne per bambine e, da questo suo lavoro, nacquero i miei….guai.

Eh…sì perché lei, anche se si cimentava a fare dei calzoni per me, somigliavano, ahimè, più a gonne che a pantaloni.

Mi dicono, le foto di allora e le mie sorelle, che ero un bel bambino: capelli ricci di un colore castano chiaro, lineamenti femminili, magro, occhi azzurri.

Quando qualcuno diceva a mia madre : “Che bella bambina” avrei voluto sparire dentro a NA SAITTELLA ( botola dove corre l’acqua di scarico) ma ,per difendermi, gracchiavo: SONGO NU MASCULO !”.

In casa, per sentirmi “ NU VERO MASCULO” mettevo i calzoni di papà ma finivo con inciampare, a causa della loro lunghezza e a procurarmi dei grandi bernoccoli sulla fronte che, la povera mamma, curava con pane grattugiato e sugna.

Qualche pantalone “ A ZUAV”, così si chiamavano quelli che finivano al ginocchio e si portavano con i calzettoni lunghi, mi veniva regalato da una mia zia che aveva un figlio più grande di me ma anche molto più grasso. Li usavo per le giornate di festa quando papà mi portava in Chiesa e poi alla Villa Comunale di Napoli o in visita ai parenti che abitavano all’altro capo della città.

Con quei pantaloni non mi guardavo mai allo specchio perché temevo di apparire buffo. Mamma li stringeva, accorciava ma….invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.

A scuola andava meglio: indossavo un grembiule nero lungo fino al ginocchio ( se così posso chiamare le ossa rosse che si vedevano alla fine del grembiule ).

Poi, scoppiò la guerra.

Partimmo tutti da Napoli con un carretto carico di coperte, cianfrusaglie, materassi, rete, culle varie, brocche, piatti, posate.

Eravamo diretti a Rotondi in Provincia di AVELLINO ( località situata nella VALLE CAUDINA dove, a detta di amici di papà, saremmo dovuti stare tranquilli.)

All’inizio, tutto bene poi, anche quelle zone furono colpite da bombe anglo-americane.

Io avevo risolto i problemi dei CAZONI : giravamo sull’aia, per casa e nella campagna, con mutante e scalzi, come degli zingari anzi “COME E CAFUNCIELLE MIE”( i miei contadinelli) diceva mamma ridendo.

A Rotondi,dopo qualche mese, fui nominato PICCOLO BALILLA.

Mia mamma mi accompagnò dal GERARCA e mi venne consegnata una divisa:

NU BELLU CAZONE e a CAMICIA NERA.

Finalmente….nu bellu cazone che mi andava a pennello, tutto per me.

L’indomani avrei fatto una figurona!

Indossai la mia divisa, dopo essermi guardato a lungo nello specchio ,sembravo un manichino, mi calzava perfettamente e , di mattino presto, uscii sull’aia pronto per andare all’adunata che era prevista per le dieci. Erano le 7 , la radio annunciò qualcosa….

Non capii molto. “Un certo BADOGLIO aveva…..” da una casa spuntò una vecchina sdentata che , come una strega, gridò:

“ A UERRA E’ FERNUTA, A UERRA E’ FERNUTA !” ( la guerra è finita)

Si mise a ballare, “affacciateve” gridava, a UERRA E’ FERNUTA ! e poi vedendomi tutto vestito di nero, mi afferrò per un braccio : “UAGLIO’ LIEVETE STI CAZUNE, LIEVETE STA’ ( togliti) CAMICIA…..A UERRA E’ FERNUTA! “ e fece a brandelli la mia speranza e nu bellu cazone !.

Tornammo a Napoli. Papà disse, “ormai non corriamo più pericoli”.

Ci trasportava il vettore dell’andata, con il suo scalcagnato carretto trainato da un altrettanto scalcagnato cavallo.

Durante il viaggio, fummo fermati da un gruppo di tedeschi che facevano rastrellamenti di intere famiglie.

Il Comandante del gruppo si avvicinò a noi, vide papà con i capelli bianchi ( erano coperti di polvere e sembravano bianchi) magro, spaventato, una donna anche lei con i capelli bianchi ( per le ragioni già dette) e disse:” Essere un vecchio e una vecchia con delle PAMPINE , lasciamoli ANTARE”

Mai come quella volta fui felice di essere considerato una PAMPINA ma, se non fosse stato per un calcio datomi da mamma, avrei, comunque, solo per orgoglio, gridato: “Io sono un MASCULO!”

I veri problemi cominciarono allora: bombardamenti a tutte le ore. I quartieri spagnoli semi-distrutti, i collegamenti ferroviari resi impossibili, il Monastero di Santa Chiara distrutto.

Bombardamenti, notti passate ( per mia fortuna in pigiama) nei ricoveri e poi, le quattro giornate di Napoli.

Da vero scugnizzo, di nascosto di mia madre, ero sceso in strada:

Dal vico Paradiso, una traversa di Via Pasquale Scura, si vedevano fiamme e si udivano spari nel quartiere PIGNASECCA ( sempre Spaccanapoli).

Avevo indossato, purtroppo, di nuovo i miei CAZONI A GONNA.

Un giovane mi diede una specie di pigna in mano ( più tardi capii che era una bomba a mano) e mi disse:

“PICCIRE’ lanciala, magari nun pensano ca si state tu”

Mi salvai gridando ma io songhe nu masculo, tu che stai capenne ?.

Per fortuna la guerra fini e noi ragazzi tornammo ai soliti giochi :

SALTACAVALLINO, GUARDIE E LADRI, GUAINELLA.

Con i pantaloni a gonna me la cavavo con la guainella perché riuscivo a correre ma, per gli altri giochi era una tragedia.

A guardie e ladri, restavo impigliato, a causa dei CAZUNE larghi, ai ferri dei cancelli e facevo dei grandi strappi che mi costavano tirate d’orecchie .

A SALTACAVALLINO, quando indossavo i calzoni rappezzati e quindi stetti, finivo con il cadere.

Finalmente venne il giorno del grande acquisto.

Eravamo noi sei in casa. Mamma e papà erano usciti per fare qualche acquisto.

Bussarono alla porta due uomini e noi, nonostante la raccomandazioni avute “ di non aprire a sconosciuti”, aprimmo.

Misero sul tavolo due grandi pezze di stoffa marrone a righe bianche e ci dissero che volevano farci fare un bel regalo ai nostri genitori.

Io che ero il MASCULO” del momento dissi : “Ma papà e mamma non ci sono e noi non sappiamo dove hanno i soldi”.

Mia sorella più grande, disse “Lo so io, dove mettono i soldi” e andò a prendere, sotto la biancheria di un cassetto, i risparmi che, giorno, dopo giorno, avevano messo da parte i miei genitori.

Erano circa 5 mila lire.( servivano per comprare la casa dove abitare).

“Bastano” dissero . Presero i soldi e ci lasciarono la stoffa.

Non vi racconto quello che accadde quando dicemmo ai genitori che avevamo fatto loro un regalo.

BRR! Se ci penso sento ancora gli urli e gli schiaffoni presi, senza distinzione di età, da noi tutti..

Con la stoffa un sarto fece una gonna e un gilet alla nonna ed alla mamma; un vestito a papà ed al nonno; una gonna ad ognuna delle mie 5 sorelle e un vestito completo per me.

Che bello, avevo il mio vestito! ..

Era, a mio avviso, bellissimo e mi faceva un “damerino”.

La domenica, quando uscivamo con i vestiti a righe noi tutti, per TOLEDO, la gente ci guardava.

Forse si chiedeva ma quei dieci, sono una banda o sono usciti da un carcere ? Pensate che con un pezzo di stoffa avanzato era stato fatto anche un cappottino a FIFI’, il nostro cagnolino.

La stoffa era di un tessuto che non teneva il caldo, il vento passava tra le trame e noi tutti avevamo gambe rosse e geloni. Non teneva nemmeno le pieghe: sui ginocchi si facevano dei gonfiori di stoffa, la forma non teneva e” nemmeno nu carro armato tedesco”, diceva la nonna “riesce a stirare sta schifezza e stoffa.”

Io ho usato quel vestito per lungo tempo. Mi piaceva troppo e , per tenerlo bene, lo mettevo sotto il materasso.

Un pomeriggio di sole uscii a fare due passi. Mi sentivo bello, elegante. Mi sembrava che tutti mi guardassero compiaciuti. Pensavo: devo essere veramente bello se in tanti mi guardano e sorridono al mio passare.

Arrivato all’angolo del CAVONE, una soave fanciulla, ridendo mi disse: “GIUVINO’, APPUNTATEVE O’ CAZONE ! “.

Che delusione !

 

Con i primi soldi guadagnati mi sono comprato i miei CAZUNI, tutti rigorosamente fatti a mano.

Ho l’armadio pieno di pantaloni e non uso mai, nemmeno al mare, quelli corti .

E CAZUNI sono stati la mia ossessione.

Voi non ci crederete ma, ancora oggi, in pizzeria, non posso fare a meno di ordinare, naturalmente,

 

NU CAZONE !

 

 

 

 

Prose di Giovanni D'Amore

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