Con la prossima domenica inizia il Carnevale e allora dedichiamo un po’ di attenzione a questo dolce tra i più
cari perché ci ricorda l’infanzia quando le nostre madri lo preparavano e ne facevano omaggio ad amici e
parenti.
Prima un po’ di storia…
È un dolce antichissimo che ricorda gli « struggolos » greci che altro non erano che palline di farina e acqua
intrise di miele. Siamo propensi a credere che ci vennero importati da quei coloni greci che fondarono sulle
pendici di Pizzofalcone l'antica Palepolis, divenuta poi l'attuale Napoli.
Il dolce che è restato nei secoli senza aver subito sostanziali trasformazioni, dovette essere notevolmente
apprezzato da Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino (Afragola, 2 settembre 1787 – Napoli, 5 marzo 1859),
cuoco e letterato italiano. Ippolito discendeva da un'antica famiglia nobile dalla quale proveniva il più famoso
poeta Guido Cavalcanti, amico di Dante. La famiglia nel 1311 lasciò la Toscana per trasferirsi nel Regno di
Napoli, dove nel 1331 Giovanna I nominò viceré uno dei Cavalcanti. Già baroni di Buonvicino i Cavalcanti nel
1720 ricevettero il titolo di duca di Buonvicino, in Calabria Citeriore. Con il cognato Giuseppe Como, barone di
Santo Stefano, Ippolito Cavalcanti fece parte degli Eletti di Napoli, una ristretta cerchia di cittadini che
collaboravano al governo della città.
Scrisse libri di cucina rimasti famosi e dovette apprezzare notevolmente gli struffoli se ce ne ha lasciata questa
ampia descrizione:
« Volendo gli struffoli, farai precisamente la pasta precedente, (si riferisce alla pasta all'uovo per tagliolini), se
poi li vorresti più teneri, ci aggiungerai ad un rotolo di fior di farina un'oncia e mezzo di burro o di sugna; se poi
vorresti dei struffoli di maggior delicatezza, e particolarità, impasterai la pasta con soli torli d'ovi, ma che siano
freschi, ci unirai ancora della raspatura di corteccia di limone, o Portogallo; maneggerai moltissimo la pasta, e
ne farai tanti maccheroni, e di questi tritulerai li struffoli friggendoli galleggiando nello strutto, e facendoli
venire biondi biondi.
Potrai tagliare gli struffoli a mostaccioletti, ed allora farai struffoloni.
Potrai tagliare dei pezzettini dalla pasta, ed incavarli con le dita, o sulla tavola medesima, o sopra un canestro
(croccante) perché così ci verrebbe un lavoretto. Potrai farli piccolissimi, come più ti aggrada.
Qui debbo strascrivere la pasta per condire li detti struffoli per qualunque modo sia loro la forma, potendone
variare anche il colore; per la salsa generale prendi la sottilissima corteccia di dieci Portogalli e la trituterai
finissima, prendi once otto di mandorle dolci, le spellerai con acqua bollente, l'asciugherai, le bruscherai di
biondo colore, e grossolanamente le tritulerai; prendi once otto di ottimo miele bianco, prendi once sedici di
zucchero, prendi once quattro di cedro candito, ed altrettanto di cocozzata tutto ben tritato, porrai tutto in
una proporzionata caldaia, o polsonetto di riposto, e farai bollire, portando il miele e lo zucchero a
«caramello», e giunto che sarà a questo punto, ci rivolterai sollecitissimamente ben bene gli struffoli
rivoltando, ora sulla fornella, ed ora al di fuori, onde tutto s'incorpori; porrai li struffoli nel piatto
proprio formandone un tortano se ti piace, e con le mani bagnate all'acqua li stringerai perché venissero
compatti, al di sopra ci polverizzerai con molta cannella pesta, e zucchero, ne potrai formare delle tonde palle,
che dalla caldaia con le mani all'acqua fresca li maneggerai, e così farai delle belle palle, che quando ne ho
dovuto fare qualche complimento a delle Signore, queste mi han chiesto li struffoli, che gliel'avessi lavorati a
palle, che ci sentivano più gusto.
Se poi vorresti formare un bel piatto di struffoli a svariati colori farai così:
Della pasta ne disporrai in diverse forme, taluni più piccoli, altri a mostaccioletti, talun'altri incavati, diversi
formati a tarallini come ginetti, ed a partite a partite li friggerai, di poi farai il giulebbe a « caramello » solo di
zucchero, di questo ne prenderai una parte, che basti a rivoltarci una diversa porzione de' struffoli, e per darci
il color nero porrai nel polsonetto della cioccolatta polverizzata, e così li farai neri, se rossi porrai nel
polsonetto della lacca sciroppata; se gialli col senso, prenderai dei « bombò » di Francia, li pesterai, e così darai
quei colori e quei sensi, che più ti piaceranno, purché però li saprai ben montare nel piatto».
Bella storia, vero?
Ma ora su, mettiamoci all’opera per preparare il nostro piatto. E’ una ricetta moderna ma non tradisce le
tradizioni.
Dose per 1Kg di struffoli
Per la pasta
Per condire
Disponete sul tavolo la farina a fontana e nel mezzo mettete tutti gli altri ingredienti.
Lavorate l'impasto bene fino a comporre una pasta di media consistenza, lasciatela riposare per qualche ora
avvolta in un panno.
Tagliate l'impasto in pezzi, sul tavolo infarinato, e con le palme delle mani formate tanti bastoncini piuttosto
sottili; tagliateli a pezzetti di 1/2 centimetro di lunghezza che disporrete sopra il tavolo leggermente infarinato;
friggeteli pochi alla volta in olio caldo a fuoco moderato finché non saranno leggermente dorati. Sgocciolateli,
metteteli su un panno ben pulito e su carta assorbente.
In un paiuolo di rame di forma semisferica (in mancanza una pentola) versate il miele, i 100 gr. di zucchero e
qualche cucchiaio di acqua; fate prendere l'ebollizione a calore moderato e mantenetela finché la schiuma non
scompaia e che il composto non prenda un colore giallastro. Tenendo il fuoco più basso possibile, versate gli
struffoli con metà dei frutti canditi tagliati a piccoli pezzi e mescolandoli bene in modo che si rivestano
uniformemente di miele.
Disponeteli in un piatto di servizio rotondo, inumidito di acqua, e con le mani bagnate di acqua fredda, date
loro forma di ciambella, con un grosso buco al centro .
Spargeteli di confettini colorati e decorateli con il resto dei frutti canditi tagliati a striscioline sottili.
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